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Parte 2 – Il rientro in Italia

Cominciò così la lunga fuga verso l’Austria e quindi l’Italia, in territorio nemico, senza sostentamento, inseguiti dalle S.S. che avevano ben presto scoperto la loro fuga, e braccati dai loro cani. Nel momento più critico dell’inseguimento, per far perdere ai cani le loro tracce, dovettero nascondersi in una palude, rimanendo a lungo sott’acqua , riuscendo a respirare attraverso delle canne strappate e usate come tubi per l’aria. Dopo un lungo ed estenuante viaggio, ovviamente tutto a piedi, riuscirono  a varcare il confine italiano sul versante friulano; i rischi però continuavano a sussistere, perché c’era ancora l’occupazione tedesca: non sapevano mai di chi potevano fidarsi o meno, e in Friuli, dove si erano rifugiati in un fienile, scamparono all’ultimo momento ad una retata, essendo stati avvertiti da un partigiano di quello che si tramava contro di loro.

Quando rientrò ad Agordo, dove viveva la sua famiglia, Mario dovette nascondersi in una legnaia vicino alla sua casa, senza  luce e pochissima aria; sua madre lo riforniva nottetempo di acqua e cibo, a rischio della vita sua e del figlio. Quando finalmente arrivò la liberazione, Mario stremato, magrissimo e con le gambe anchilosate per la lunga immobilità, poté finalmente riabbracciare i familiari, e riprendere quindi, con il coraggio e la determinazione che gli appartenevano, il percorso interrotto della sua vita di giovane uomo.

Questa esperienza segnò Mario per sempre, con un carico di angoscia che solo dopo molti decenni riuscì a trovare un  momento di decantazione attraverso l’espressione letteraria ( “ Può l’uomo dimenticare per ritornare, riprendere la vita rimuovendo quel tempo? Rimangono le ferite, sebbene nascoste, nel corpo e nell’anima.” Dal romanzo “ La fuga”- Giraldi editore, Bologna 2012). La risposta che Mario Agnoli ha cercato di dare a questa domanda, attraverso il suo impegno nelle istituzioni locali, al servizio dei cittadini,  è quella espressa da uno dei protagonisti del romanzo: “…l’uomo deve continuare a credere nell’amore e nella speranza per ritrovare in sé non solo le motivazioni, ma anche la volontà di vivere in pace. Nelle varie stagioni della mia vita, sempre, come per ineluttabile forza, ho pensato all’utopia.”

Marina Zampolini Agnoli

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