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Quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Enzo Biagi. E’ stato premiato con il premio per la cultura “Giorgio La Pira” durante la Giornata Internazionale della Pace, Cultura e Solidarietà del 1988.

Nato a Pianaccio, piccolo comune dell’entroterra bolognese, il 9 agosto 1920 Biagi è stato uno dei più noti giornalisti italiani. “Scompare con Enzo Biagi una grande voce di libertà”, ricordò l’allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un mes­saggio inviato alle figlie. “Egli – proseguendo – ha rap­presentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale nel complesso mondo del gior­nalismo e della televisione, presidiandone e garan­tendone l’autonomia e il pluralismo. Il suo profondo attaccamento, sempre orgogliosamente rivendicato, alla tradizione dell’antifascismo e della Resistenza lo aveva condotto a schierarsi in ogni momento in difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana. L’amore per l’Italia e la conoscenza della storia nazionale avevano ispirato la sua opera di scrittore e le sue indagini nel vivo della realtà italiana”. Biagi morì a Milano il 6 novembre 2007.

Ci paiono molto interessanti ancora oggi le dichiarazioni che monsignor Ravasi, oggi cardinale, rilasciò dopo la scomparsa del cronista.

Una persona in cui “l’aspetto spirituale e religioso era sempre insito nella sua esperienza umana”, tra­ducendosi in “coerenza etica”.

Così Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Con­siglio della cultura, ricorda Enzo Biagi. È radicato nel tempo il rapporto tra il presule e il giornalista: un legame che seguiva un duplice percorso, culturale e “più personale ed intenso, di stampo spirituale ed esi­stenziale”. Soprattutto nei momenti più difficili, legati alla scomparsa della moglie Lucia e della figlia Anna, Biagi “aveva desiderio di un interlocutore che avesse la dimensione religiosa piena, dimensione della quale lui è tuttavia sempre stato testimone”. “Ci siamo incontrati a casa sua il 12 settembre – racconta monsignor Ravasi – e come faceva solita­mente, è risalito fin alle origini della sua vita. Alla fine mi ha chiesto di ricevere la sua confessione generale. Ci siamo salutati con la consapevolezza, mi disse, che non ci saremmo visti più”. L’ultimo incontro fra i due fu alla clinica pochi giorni prima della morte.

A fianco del ritratto umano e del “legame con le origini, con la religiosità della madre, con la moralità che gli avevano trasmesso i genitori”, monsignor Ravasi ricorda l’abilità narrativa di Biagi, nella quale “non vi era né l’assalto, per far cadere in contrad­dizione l’interlocutore, né la semplice narrazione”. “Quando incontrava qualcuno, aveva la capacità di fare il ritratto del personaggio, ma d’altra parte non erano mai ritratti neutri: alla fine il giudizio c’era sempre, e talora l’interlocutore ne usciva piuttosto malconcio. Però veniva fatto sempre con la capacità narrativa e lo stile di un giornalismo che era proprio anche di un altro grande giornalista, Indro Montanelli”. Circa il contributo che Biagi e Montanelli hanno dato alla cultura e al Paese, mons. Ravasi sottolinea nella sua disamina come questi ammirassero “coloro che avevano una loro coerenza e un loro rigore”. Con un’etica laica, ma profondamente irradiata dalla luce della fede”, Biagi c’insegna ancora adesso a “ritrovare la capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male” e che “la cultura non è semplicemente un’eti­ca comportamentale, ma è invece anche una netta concezione della persona, dell’uomo, dei valori, nel rigore e nella semplicità”. E questa, conclude, “è un’eredità da non perdere”.

A sua volta anche il cardinal Ersilio Tonini, parlando alla Radio Vaticana, pronunciò parole di apprezzamento e di ricordo.

Enzo Biagi era “un uomo di un’umanità intensa, attenuata dal gusto dell’ironia”. Egli “aveva la capacità di cogliere gli aspetti e i limiti della vita umana, ma sempre con senso di pietà. Una cosa non accettava, ed era la prepotenza, così come l’uso della ricchezza come strumento di do­minio”. “II suo – aggiunse il porporato – è stato un giornalismo realistico e un poco ironico, carat­terizzato cioè da quell’ironia che un buon giorna­lista usa di fronte a coloro che nella vita fanno gli sbruffoni. In fondo, era rimasto il ‘montanaro’ delle montagne bolognesi, che andava sempre ed ancora alla ricerca di segni di umanità, di tenerezza familiare”. Tonini ricordò anche l’incontro con Giovanni Paolo II in occasione della nomina cardinalizia. “In quell’occasione, come si usa, presentai i miei parenti e i miei amici al Papa e, quando arrivai a lui, dissi: ‘Santo Padre, questo è Biagi, con il quale abbiamo fatto tante cose in TV’. Il Papa rispose dicendo: ‘Speriamo che le abbiate fatte tutte buone’. Enzo Biagi rispose: ‘Sì, Santo Padre abbiamo presentato i Dieci Comandamenti’. Allora il Papa osservò: ‘Speriamo che li abbiate presentati tutti’. E Biagi, di nuovo: ‘Sì, Santo Padre, proprio tutti!’. Il Papa allora disse: ‘Vi ringrazio a nome di Mosè’. Per lui questo fu davvero un grande ricordo”.

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