Il 9 Maggio 1978 il corpo dell’Onorevole Aldo Moro viene ritrovato all’interno del portabagagli di una Renault 4 rossa in via Caetani nel centro storico di Roma, da quel giorno l’Italia non sarà più la stessa.
Il sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana, ad opera di un gruppo armato delle Brigate Rosse, durò 55 giorni a seguito di un agguato in via Fani in cui morirono i membri della scorta. Questo tragico fatto ha segnato un’epoca e rappresenta una della pagine più oscure e ancora ricca di misteri della storia della nostra giovane Repubblica.
Molto si è scritto e moltissimo si è detto fino a oggi, libri e film hanno raccontato sia la versione ufficiale che le tante teorie sul caso, alcune veramente al limite del fantastico. Ancora oggi se ne discute e puntualmente esce fuori qualcuno che asserisce di aver scoperto la verità sull’intera faccenda o di conoscerne elementi nuovi in grado di ribaltare la versione della storia ufficiale.
Certo ancora molti sono i punti poco chiari e le cose da ben collocare, tutto ha i contorni di un giallo il cui finale resterà sempre sospeso a mezz’aria.
In concreto sono stati ben cinque i processi istituiti, più una ricca serie di altri procedimenti e inchieste giudiziarie.
Al di fuori di quei tragici 55 giorni possiamo dire che Aldo Moro fu uno statista illuminato, dotato di lungimiranza e senso di responsabilità verso i cittadini. L’Italia e il bene del popolo furono sempre al centro del suo interesse. Nella sua immagine politica Moro desiderava dar vita ad un governo di larghe intese e di unità nazionale, tendendo la mano ai “nemici” storici del Partito Comunista (concetto all’avanguardia e emblema di un pensiero alto, capace di superare divergenze e preconcetti). L’idea di dar vita a un governo di unità nazionale in un periodo di crisi sociale e politica della penisola, allargando il “compromesso storico” già realizzato con il Partito Socialista al Partito Comunista di Enrico Berlinguer (altro uomo politico dalle larghe vedute), fu senz’altro un atto di coraggio ma anche di consapevolezza. Moro capì forse per primo che per far crescere il paese in una rinnovata unità nazionale c’era bisogno di decisioni condivise e del sostegno delle forze politiche maggiormente rappresentate in parlamento, massime espressioni della volontà popolare.
Una visione così moderna del mondo certo non poteva piacere a tutti e soprattutto venne vista con sospetto da quelle due realtà che all’epoca si contrapponevano con forza, separate dalla “Cortina di ferro”: Stati Uniti e URSS.
Questo modello politico senz’altro non poteva avere il gradimento di tutti quelli che in quel preciso periodo storico credevano e speculavano nella contrapposizione tra il crescente capitalismo occidentale e le roccaforti comuniste orientali. In siffatto quadro bisogna dunque leggere tutto quello che accadde in quel cupo 1978 e in generale durante i famigerati “anni di piombo” che fra la fine degli anni sessanta e i primi anni ottanta caratterizzarono l’Italia.
A distanza di tento tempo, al netto dell’enorme risonanza di tutto il caso e delle varie implicazioni politiche e sociali conseguenti, rimane soprattutto il dramma vissuto da un uomo e dalla sua famiglia il quale si inserisce in un ambito nazionale di un paese ancora alla ricerca d’identità dopo la fine della seconda guerra mondiale.
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