Storie simili ma idee diverse. Accomunati dall’impegno e della voglia di portare avanti i valori in cui credono, e dalla loro passione per la cosa pubblica.
Bernard Dika è un giovane studente di giurisprudenza all’Università di Firenze impegnato da anni in politica nelle fila del centrosinistra. Ha iniziato il suo percorso come rappresentate d’istituto nel Liceo Statale Niccolò Forteguerri di Pistoia per poi essere eletto Presidente del Parlamento Regionale degli Studenti della Toscana. Nel 2016, Bernard ha ricevuto l’onorificenza di Alfiere della Repubblica per le lotte studentesche da lui promosse.
Gabriele Sgueglia è studente di scienze politiche presso l’Università di Firenze e dal giugno 2017 è Consigliere comunale della città di Pistoia per Fratelli d’Italia. Rappresentate d’istituto nel Liceo Scientifico “Amedeo di Savoia”, è stato eletto come presidente della Consulta Provinciale degli Studenti e dopo aver concluso il percorso scolastico ha fondato un’associazione politica giovanile nella città di Pistoia.
Spesso, erroneamente, l’attività politica viene associata ad un sistema fatto per adulti in cui i giovani hanno poco spazio e non si ritrovano. In questo senso, la classe dirigente del paese quali misure dovrebbe adottare per attirare maggiormente il loro interesse e coinvolgimento?
G: Nessuna. I sistemi, soprattutto quelli politici, sono per natura auto conservativi. Sarebbe ipocrita credere ad un programma culturale di avvicinamento dei giovani alla politica voluto dai “vecchi”. Preferisco pensare una generazione che rivendica il diritto di decidere sul proprio futuro senza attendere elargizioni improbabili.
B: Potrà sembrare banale ma se molti giovani si sentono lontani dal mondo della politica è responsabilità della cattiva politica. Quando i nostri genitori avevano la nostra età l’Italia fu scossa da “Tangentopoli”. I partiti erano quasi tutti composti da qualche corrotto. Troppo spesso i grandi ci hanno spinto a starne lontani senza capire che l’unico modo per rendere la Politica una cosa bella e utile per tutti e non per pochi è di praticarla cercando di essere migliori di coloro che critichiamo giornalmente.
Ecco cosa dovrebbero fare i più grandi: dare il buon esempio, ascoltarci più che parlarci e soprattutto aiutarci a conoscere il mondo in cui viviamo. Quattro giovani su cinque non sanno niente della guerra fredda e dei difficili rapporti odierni tra Usa e Russia né tanto meno di conflitto israelo-palestinese per non parlare del percorso di costruzione europea o delle nuove potenze di India e Cina. Come può un giovane impegnarsi a migliorare un mondo che non conosce? Nelle scuole si insegni tutta la storia del ‘900, un secolo che è un mistero per molti, troppi, di noi.
Condividi l’operato del governo? Secondo te, avrebbe dovuto adottare contromisure diverse?
B: Difficile giudicare chi ha dovuto gestire l’emergenza più dura della storia della Repubblica. Sicuramente poteva fare meglio come d’altronde tutti noi avremmo dovuto far meglio. Se guardiamo al nostro territorio dobbiamo evidenziare l’irresponsabilità dei tanti che scelsero l’8 Marzo scorso di recarsi alle piste sciistiche di Abetone quando il virus aveva varcato già da giorni i confini del nostro paese. Tra loro ahimè anche alcuni autorevoli rappresentanti delle istituzioni locali. Ecco più che un giudizio sul passato mi auguro che il Governo nazionale sappia ben condurre il percorso di ripresa del Paese a seguito di questa drammatica emergenza. Sono e saranno sempre di più le famiglie in difficoltà, non possiamo permetterci di lasciare nessuno indietro.
G: Il governo ha dimostrato una lentezza dannosa per le categorie produttive del paese, assolutamente meno comprensibile del disordine in cui è caduto il mondo sanitario italiano, obiettivamente colto di sorpresa da una pandemia di portata inizialmente inaspettata. Più che discutere su quali contromisure mettere in campo, specie per l’economia, l’urgenza a questo punto è imboccare una strada, qualsiasi essa sia.
In prospettiva futura, su quali settori e tematiche dovrebbe concentrarsi l’operato del governo della nostra Regione?
G: La Toscana, prima della pandemia, era in ritardo su decine di progetti di ammodernamento del territorio: ambiente e trasporti su tutto. Dopo questo disastro non si renderà necessaria la semplice e buona ordinaria amministrazione (che già mancava), ma servirà un piano di rilancio che punti a difendere gli asset strategici della regione, impedendo la “fuga” di ricchezze dal territorio e rendendo tutte le nostre province iper-competitive sul mercato turistico, devastato dal Coronavirus. Epidemia o no, siamo il posto più bello del mondo. È un bel punto di partenza…
B: Infrastrutture, infrastrutture e infrastrutture. Girando l’Italia e la Toscana mi sono reso conto come gli investimenti più importanti arrivano sui territori che sono ben collegati con strade e autostrade degne di questo nome, con treni e aeroporti che consentono il facile spostamento di mezzi e persone ma anche di infrastrutture tecnologiche con reti internet all’altezza dell’era digitale che viviamo. Se non vi sono infrastrutture non vi saranno investimenti e quindi posti di lavoro. In Toscana le più importanti aziende si affacciano tutte su A11 e Autostrada del Sole costeggiate rispettivamente dalle linee ferroviarie più servite della regione. Dovremmo potenziare i nostri porti incentivando il trasporto dei container su ferro diminuendo la presenza dei camion sulle strade perché non potrà esserci sviluppo e progresso possibile se non sarà sostenibile ambientalmente.
In questi giorni l’Unione europea è al centro del dibattito pubblico. In merito a questo, come si stanno muovendo le istituzioni internazionali?
B: Non possono essere varate mezze misure. Dovremo fare “whatever it takes” come disse Mario Draghi nel 2012 perché il Coronavirus interessa tutti i Paesi anche se in questo momento colpisce con particolare durezza quelli del Sud. Una situazione di emergenza eccezionale richiede rimedi eccezionali, “soluzioni innovative” come ha ben evidenziato Papa Francesco. Vediamo però che alcuni Paesi del Nord vorrebbero, più o meno velatamente, approfittare della crisi finanziaria incombente per arricchirsi e cambiare gli equilibri di potere in Europa.
L’Unione Europa è al giro di boa: o si ridurrà a una mera associazione strumentale di egoismi nazionali o dovrà rendersi più forte. Non è l’Europa che non ha senso di esistere. È questa Europa che non va bene. Il punto sta nel ricostruirla, dando più potere ai cittadini con istituzioni elette e non scelte dai governanti di turno. Il Parlamento lo è ma non ha i poteri che meriterebbe. La Commissione è principalmente scelta dai governi degli stati e resta scacco di questi ultimi. E anche questa volta ne abbiamo avuto la dimostrazione.
Il Coronavirus dovrebbe averci aperto gli occhi: muri, confini e fili spinati non servono, il mondo è come una grande famiglia dove se non condivideremo i beni, di qualunque tipo, saremo costretti a condividerne i mali, di qualunque tipo.
G: L’Europa si trova per la prima volta a dover dimostrare in maniera forte e inequivocabile la sua autorevolezza. Per adesso le misure ipotizzate sono insufficienti: non solo per rilanciare l’economia continentale, ma per giustificare, più in generale, la permanenza del nostro paese nell’Unione. Spero in una inversione di tendenza, ma ci credo poco.
Con la situazione che si è creata, la vita di ogni cittadino è cambiata radicalmente. Questo è successo anche per gli studenti, i quali hanno dovuto concludere i loro programmi di studio utilizzando piattaforme per la didattica a distanza. Può essere l’opportunità per una svolta tecnologica nel settore della scuola e dell’Università?
G: Si. Le svolte veramente epocali avvengono per necessità e non per decreto. Uno dei pochissimi aspetti positivi di questa situazione estraniante è che il mondo dell’istruzione si è trovato costretto a muovere i suoi primi passi nel terzo millennio. E, volente o nolente, si sta muovendo. Per fortuna.
B: Il Coronavirus ha costretto il mondo della formazione italiana a spostarsi sulle piattaforme per la didattica online. Per decenni ci siamo scontrati con personale scolastico miope che non ha mai avuto il coraggio di far utilizzare in classe gli strumenti che la tecnologia ci offriva. Quando torneremo nelle scuole e nelle università si abbia la forza di non disperdere quanto imparato in questa emergenza. La tecnologia può aiutarci a far emergere le potenzialità nascoste di molti giovani che spesso non riescono ad esprimere con gli strumenti classici di una scuola italiana troppo spesso ancorata a modelli passati.
Francesco Niccolai
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